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Frise pugliesi: ricetta, come si mangiano e cosa sono

Signore e signori, ecco la frisella! Cos’è e come si fa la classica frisa pugliese? Che siano di grano tenero, integrale, di orzo o come preferite, la frisa rimane l’idea migliore per un pasto veloce, sano e super buono. Ecco alcuni suggerimenti per avere delle ottime frise “made in Puglia” anche a casa!

Cos'è la frisa
La frisa pugliese è un tipico prodotto da forno che affonda le sue radici nel passato. Ha la tipica forma di un tarallo ma con la differenza di essere spaccata in due, dopo una prima cottura, ed essere reinserita in forno per completare il processo. Al termine di questo presenterà una consistenza abbastanza croccante, talmente tanto che non sarà possibile gustarla così ma solo dopo averla tenuta per qualche secondo a mollo in acqua. Da qui la tipica “frisa sponzata”.

Facciamo adesso un tuffo nel passato, al tempo in cui la frisella di farina di grano era riservata esclusivamente alle tavole dei più abbienti, mentre il resto della popolazione poteva consumare quelle nella variante in orzo o orzo e grano mixati. Oggi è possibile trovarla nelle più disparate varianti. Si passa dalle frise di grano arso a quelle impastate con farina integrale, da quelle di farro a quelle di kamut, da quelle senza glutine per celiaci a quelle di farina ai multi – cereali e via dicendo, passando per sapori ed esperimenti.

Nostra signora frisella può essere conservata per un periodo di tempo abbastanza lungo e questo ha sempre rappresentato un suo forte punto di vantaggio, poiché l’ha resa una valida alternativa al pane che dopo qualche giorno tende ad indurirsi. Questo valeva soprattutto per quei periodi in cui la farina era scarsa o troppo cara per i ceti meno abbienti.

Se continuiamo a viaggiare nel passato, arriviamo al tempo in cui, in Puglia, si usava bagnare le friselle direttamente in acqua di mare. Una volta “sponzate” le si condiva e completava con solo pomodoro o con olio e pomodoro. Nulla era lasciato al caso.

Anche la loro particolare forma a tarallo o ciambella era stata appositamente studiata. Questa, infatti, dipende dal fatto che venivano infilate in una corda a mo di collana e appese per la conservazione o, soprattutto, per il trasporto. Questo perché la frisa pugliese era considerata un importante pane da viaggio, pronta a sfamare quanti si sarebbero dovuti assentare da casa per lungo tempo. Fossero essi pescatori (che come detto prima hanno diffuso l’usanza di bagnarla direttamente in acqua marina) o comunque lavoratori che avrebbero dovuto assentarsi per un po’ da casa. In casa, invece, si era soliti conservarle in capienti orci di creta, i famosi e cosiddetti “capasoni”.

Nell’antica tradizione salentina, le frise pugliesi venivano prodotte con cadenza regolare. Si trattava di una frequenza bisettimanale o trimestrale durante la quale venivano impastati dai 100 ai 200 kg di farina. Durante la panificazione una parte più esigua di impasto veniva destinata alla produzione di pane che dove essere consumato nei pochi giorni dopo.

Una porzione maggiore, invece, era appunto destinata alla produzione di frise, comode da conservare nel tempo e sempre pronte a costituire un’importante fonte di sostentamento. In particolare se si pensa alle famiglie meno abbienti e, pertanto, meno capaci di garantirsi sempre un pasto. Questa è la ragione principale per cui, ancora oggi, la frisa pugliese viene associata ad un pasto povero ed estremamente semplice. Ma questo, ormai, non resta che un mero ricordo, poiché oggi sempre più chef stellati la reinventano e propongono nelle sue versioni più gourmet.

Frisa: come si prepara
La frisa pugliese è ancora oggi uno dei piatti più caratteristici, amati e riconosciuti a livello internazionale. Perché non c’è essere umano che passando da queste parti non abbia lasciato il suo palato e il suo cuore attaccato ad una frisella. C’è rimedio anche a questo. Ecco, per i più vogliosi di sperimentare in cucina, come preparare delle ottime frise in casa. Anche a chilometri e chilometri di distanza dalla Puglia.

Ingredienti (per 10 frise)
- 550 g di farina 1
- 113 g di lievito madre liquido
- 300 g di acqua tiepida
- 10 g di sale

Procedimento
1. Ponete su di una spianatoia la farina e formate una fontana, fate un buco al centro e aggiungete il lievito madre, dopodiché impastate rapidamente per amalgamare il tutto.
2. Cominciate poi a versare l’acqua tiepida, nella quale dovrà essere sciolto in precedenza il sale. Radunate ora la farina verso il centro e fate in modo che assorba tutta l’acqua.
3. Passate adesso ad impastare il tutto a mano per circa una decina di minuti finché non otterrete un panetto liscio.
4. Mettete a lievitare il panetto ottenuto per un’ora, coperto da un canovaccio inumidito e strizzato.
5. Trascorsa questa prima lievitazione riprendete l’impasto (ormai raddoppiato) e dividetelo in 5 pezzi da circa 200 g l’uno (per un totale di 10 friselle).
6. Formate adesso con l’impasto dei “serpentelli” di circa 60 cm di lunghezza.
7. Attorcigliate il serpentello di pasta e formate quindi un anello.
8. Posizionate le vostre frise in una teglia, copritele con un canovaccio inumidito e strizzato e lasciate lievitare ancora per circa 6/7 ore.
9. Infornate adesso le friselle in forno ventilato (ancor meglio, per ottenere delle autentiche friselle pugliesi, se il forno è quello a legna) i primi 15 minuti a 200°C, poi abbassate la temperatura a 180°C e cuocete per altri 10 minuti circa.
10. Ovviamente i tempi di cottura cambiano tanto anche da forno a forno, quindi l’importante sarà far terminare la prima cottura quando l’impasto risulterà dorato, gonfio e ancora morbido (in tal modo sarà possibile dividerlo in due in orizzontale).
11. Sfornate adesso i 5 taralli ottenuti, abbassate il forno a 150°, lasciatele raffreddare e tagliatele a metà ottenendo così 10 pezzi.
12. Posizionate le friselle nella teglia con il taglio verso l’alto e infornate per la seconda e ultima cottura (bis – cotto).
13. Anche il tempo di tostatura varia. Si passa dai 20 minuti in su, a seconda dei vostri gusti.
14. Arrivati a conclusione, sfornate e lasciate raffreddare. Dopodiché potrete conservarle a lungo.

Come si mangia la frisa
Per gustare al meglio questo piatto “povero” della tradizione pugliese è necessario innanzitutto bagnare (o lasciare per pochi secondi in ammollo) la frisa. Dopodiché la si dovrà condire con un filo di olio extra vergine di oliva, pomodoro fresco e origano. È questa la tradizionale, più antica e conosciuta frisa al pomodoro.

È soprattutto nella zona del Salento, invece, che si è soliti condirla con olio, pomodoro, origano e tranci di tonno. Ecco che nasce la fresca, tanto estiva e amata frisa al tonno.

Ma oggi le varianti sono davvero tantissime. C’è addirittura chi la guarnisce con dell’avocado, peccato punibile con la pena capitale o estrema fantasia? Ai posteri l’ardua sentenza.

A noi, piace mangiarla così, all’imbrunire. In una notte di fine luglio, durante la quale nostra signora frisella ha preso vita e danzato tra i tavoli di Piazza Vecchia, cuore della Ceglie più antica e profumata di autentica cucina pugliese. Cucina di nonne, sapori tipici e autentici recuperati e fatti rivivere da quanti, ancora oggi, hanno la Puglia nel cuore e la passione tra le mani. L’arte viva, la volontà di lasciare che tutto sia ancora come una volta e la voglia di tramandare. Raccontare con il gusto.

Così, sulle note della musica più leggera e piacevole che potesse esserci, la nostra frisella ha sfilato nella sua veste più bella. Colorata. Ornata di pomodori, olio e origano. Oppure reinterpretata e guarnita con tonno, mozzarella, cocomero, foglioline di basilico e via dicendo, passando per sapori, profumi e colori.

“Apuliantouch”, “Da Franco relax and more” e “Pugliaddosso” hanno scelto di celebrare insieme questo tipico piatto pugliese. Semplice ma dal gusto unico. Speciale. Estivo più che mai.

E nel congedarvi, con le mani già sporche di olio, ci affrettiamo ad addentare la nostra frisella appena sponzata. Perché basta sentire il solo nome per innescare quella gran voglia, che anche chi non l’ha mai assaggiata conosce.

Ed è subito “Oh my frisella!”.

Fonte: Apuliantouch